Solo per chi ha voglia di avere a portata di mano (o di lettura) un breviario sull'origine e sulle caratteristiche del Ns Bestione.
(La fonte di quanto scritto non è mia e verrà citata alla fine di questo articolo.)
La fine del novecento, è per la Moto Guzzi, un periodo piuttosto travagliato, dal lato societario e amministrativo.
La cosiddetta "era De Tommaso" l'industriale italo argentino che nel 1973 ha rilevato la fabbrica della della SEIMM,
apertasi con grandi speranze e ottimistiche previsioni di sviluppo, si avvia malinconicamente alla fine, dopo aver disatteso le aspettative
e aver portato la casa alla chiusura con un bilancio in forte passivo.
Seguirà un turbinoso periodo con un continuo succedersi di cambiamenti nella maggioranza azionaria e nel gruppo dirigenziale
:dalla De Tomaso Industries alla Finprogetti; dalla Finprogetti al Trident Rowan Group diretto da Howard Chase; da questo alla Tamarix Investors L.C.D.
( una Merchant Bank americana); da arnolfo Sacchi a Mario Cozzi-Condivi; il tutto con continui aumenti di capitale.
Manovre che non porteranno all'indispensabile, sostanzioso rilancio dell'azienda, ricercato anche con tentativi di accordi con la Piaggio
e con l'austriaca KYM, leader nel settore del fuoristrada, che peraltro non trovano una conclusione positiva.
IL RILANCIO DELLA MOTO GUZZI sotto la direzione Beggio.
All'inizio del 2000 arriva la svolta decisiva, si concretizza infatti la cessione della Moto Guzzi a Ivano Beggio,
proprietario dell'Aprilia di Noale, che proprio sotto la sua direzione in pochi anni è cresciuta da piccola fabbrica
di ciclomotori a protagonista di primo piano del campionato mondiale di velocità.
Beggio non ha perso tempo ad attuare un vasto programma di rinnovamento e di ammodernamento dello stabilimento,
della produzione e dell'immagine della casa, per ottenere la massima efficienza dei processi interni migliorandone l'organizzazione,
e naturalmente elevando la qualità della produzione, il tutto con una serie di massicci investimenti finanziari.
Oltre al progresso tecnologico in senso stretto, sotto la direzione di Beggio si è data molta importanza anche alla ricerca stilistica, oggi più che mai importante
per l'affermazione di un prodotto in un mercato in continua evoluzione e dove l'offerta di nuove proposte si sussegue
a ritmo continuo.
IL MODELLO GRISO: UNA NAKED SPORTIVA E BRILLANTE
Una delle prime novità è stata la Griso, una "naked" come si dice oggi all'inglese per indicare
una moto nuda, cioè in mostra tutta la sua bellezza e la sua potenza meccanica- i suoi muscoli,
verrebbe da dire- senza lo schermo di una razionale carenatura .
E davvero il carattere della Griso, sportiva brillante e nel medesimo tempo grant urismo di razza,
richiama alla mente la grinta - buona s'intende, in questo caso- di una guardia del corpo di manzoniana memoria
anche se queste ultime proprio buone non erano del tutto. In sostanza la Griso e una due ruote
dalla guida piacevole e divertente, grazie ad una potenza di tutto rispetto, a una coppia sensazionale, e a stabilità e tenuta di strada eccezionali.
Pur nella tradizione del motore bicilindrico trasversale a V di 90°, che ormai da più di quarant'anni
identifica le creazioni di Mandello, il prototipo Griso, presentato nel 2002- con cilindrata di 992cc-, racchiudeva parecchie novità, sia nei gruppi meccanici che nella Parte ciclistica.
Si va dal nuovissimo telaio a doppia culla superiore in tubi di acciaio ad alto limite di snervamento
e motore integrato, al nuovo monobraccio oscillante in alluminio, con leveraggio progressivo
e con la sospensione posteriore affidata a un monoammortizzatore oliopneumatico.
Quest'ultimo, inoltre, è dotato di serbatoio separato del gas ed è completamente regolabile
in estensione e compressione (sia nella molla, sia nella parte ammortizzante).
La forcella, con steli da 43 mm di diametro, era anch'essa completamente regolabile nel precarico molle nonchè
in estensione e compressione per quanto riguarda la parte idraulica, era del tipo "Upside down",
cioè rovesciata, con i foderi portanti superiori fissi, uno schema oggi di grande attualità ma del quale
proprio la Guzzi aveva dimostrato la razionalità già negli anni 40 adottandolo per l'Airone, la G.T.V.
e poi per il Falcone.
L'impianto frenante era il "Serie Oro" della Brembo,con due dischi flottanti anteriori in acciaio inossidabile da 320mm e pinze a 4 pistoncini differenziati
e contrapposti, nonchè un disco posteriore fisso da 282 mm, sempre in acciaio inox, con pinza flottante a due pistoncini
paralleli. Notevoli anche le caratteristiche del propulsore a quattro valvole per cilindro, che si riconosceva subito
per la colorazione nera, per il radiatore dell'olio posto sotto il cilindro destro e per i due grossi
tubi di scarico che confluivano in un unico silenziatore in acciaio inox sulla sinistra della moto,
ovviamente catalizzato a due vie con sonda lamda.
L'alternatore era stato spostato al centro dei cilindri (dove era già alloggiata la dinamo sulle prime V7),
riducendo così la lunghezza del motore di circa 4 cm.
DAL PROTOTIPO ALLA PRODUZIONE DI DUE VERSIONI: LA 850 E LA 1100
Per il passaggio dal prototipo alla commercializzazione del modello si sono dovuti attendere alcuni anni,
anche a seguito delle difficoltà finanziarie dell'Aprilia, risoltesi con l'acquisizione della moto Guzzi da parte
della Piaggio nel dicembre del 2004. Per meglio soddisfare le esigenze e le richieste dell'utenza, la moto Guzzi ha deciso di lanciare due versioni
con distribuzione a due valvole: nel 2005 la 1100 con motore di 1064 cc, e nel 2006 la 850, con motore di 877cc
(92x66mm x2), potenza 56 KW (76,2 CV) a 7800 giri, velocità 200 km/h.
In entrambi i casi l'alimentazione è a iniezione elettronica sequenziale Multipoint Magneti Marelli
con due corpi farfallati da 45mm, iniettori Weber e sonda lambda, ed è abbinata all'accensione elettronica digitale a scarica induttiva
Magneti Marelli; sulla sola 1100 sono impiegate due candele per cilindro.
Il Silenziatore, regolabile in altezza, è omologato secondo le direttive Euro 3.
Il radiatore dell'olio è ora presente solo sulla versione 1100. Mentre i gruppi meccanici dela 850
si presentano in color alluminio naturale, quelli della 1100 sono verniciati in nero, tranne le teste dei cilindri.
Nelcomplesso della trasmissione troviamo l'usuale frizione bidisco a secco e un cambio a sei marce;
decisamente innovativa, poi, la trasmissione finale che adotta il sistema denominato CA.R.C.
( Cardano Reattivo Compatto) comprendente un doppio giunto cardanico all'albero e una coppia conica finale, per eliminare le tipiche
e fastidiose reazioni che si generano in un propulsore ad albero motore longitudinale e in presenza di una trasmissione cardanica.
La parte ciclistica, uguale per le due versioni, è rimasta praticamente quella descritta sopra
per il prototipo; le ruote da 17" sono in entrambi i casi del tipo a tre razze cave in lega di
alluminio fusa in conchiglia.
Tanto Vi dovevo
S.R.
(da: Moto Guzzi Collection Vol.1 - n°7- Moto Guzzi Griso)