Rieccomi in sella , briganti, per raccogliere l'invito a proseguire la storia; chi vorrebbe sapere qual'è oggi la mia cavalcatura temo debba rassegnarsi a lunghe notti di lettura di questo ,
ahimè necessario, preambolo; dunque riprendiamo.
Le mie notti erano segnate da terribili incubi,mi rivedevo attaccare alle Guzzi del nonno delle frasche che ,strisciando sul nastro..di terra (l' asfalto era raro), nascondevano
le traccie dei pneumatici, in modo da non far scoprire l'audace furto; una vera impresa eroica, a sfidare divieti e...botte. Ma anche questo non era vero, perchè l'intrepido era stato
mio padre, a me non restavano che le briciole dei suoi racconti, perchè di avere la moto nisba.
Cominciai così un lungo e doloroso periodo di sbandamento (psicologico, intendo), durante il quale pensai di compiere atti di portata cosmica, come attentare alla vita di tiranni,
nascondermi fra i Tuareg del deserto o rubare l'ultimo numero di Diabolik in edicola; inutile dire che questi tentativi fallirono tutti , finchè un giorno mi ritrovai davanti una moto che
era un relitto come me. o forse peggio; l'avevano, per cominciare dipinta in modo impresentabile, mezza rossa e mezza bianca (il resto era ruggine) e naturalmente non andava
in moto neanche a spingerla (letteralmente); me ne innamorai subito e mi dichiarai disposto a tutto pur di averla; il venditore non sollevò obiezioni e così me la portai a casa.
A casa e nel circondario nessuno fece commenti, perchè avevano troppa pena; ma io l'amavo e sognavo sgroppate sui passi alpini, corse in autostrada e romantiche passeggiate
con una dolce presenza femminile che mi cingeva i fianchi e si appoggiava sensualmente a me.
A pensarci mi commuovo ancora; però capii, e fu una grande lezione di vita capire questo. Perciò presi una decisione.